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Arianna Guzzini, Emanuele “Manolo” Cedrone, Emanuele Cedrone, evasioni low cost, Francesca Rossi Brunori, Luca Pakarov, Pudding, Singin' in the rain, Terminal
di Arianna Guzzini
Il giovedì sera ti entra per caso in corpo l’idea di uscire, ma puoi chiedere un passaggio solo alle tue gambe. Insomma sei inchiodato a Macerata e pure con una certa scarsezza di pecunia. Di norma a questo punto le opzioni sono due: o decidi con una certa sconsolatezza di chiuderti in casa con l’intento di girarti i pollici fino al momento di spalmarsi sul letto, oppure con maggiore sconsolatezza te ne vai al centro e ti butti nella famigerata serata universitaria settimanale a chiederti che senso dovrebbe avere girare continuamente in tondo fra i soliti tre bar, trascinata nella processione di una marmaglia senza apparente scopo. Se sei fortunata però ( se sei molto fortunata), scopri un po’ per caso che in quel 24 ottobre al Terminal c’è Francesca Rossi Brunori, che legge estratti di “Terminal” e “Pudding, evasioni low cost “ di Luca Pakarov.
Pensi allora che per una volta il giovedì sera potrebbe anche essere piacevole, allora ti raccatti un amico e ci vai. Arrivi con almeno una mezzoretta di ritardo, perché sei quasi certa che nulla comincerà all’orario stabilito e che quindi, a conti fatti, dovresti essere praticamente in anticipo. Infatti. C’è ancora un’attesa rilassata fra chi ha già preso posto ai tavoli, chi intanto si ordina una birra e chi fuori si fuma una sigaretta.
Le prime battute di Francesca e subito dopo un’insolita “Singin’ in the rain” invitano a lasciar da parte le ciarle e la sigaretta, attraggono subito verso la sala interna. Alla voce si alterna sempre l’ironica leggerezza del paesaggio sonoro di Emanuele “Manolo” Cedrone. Sembra così di essere saliti su di una bella giostrina con i cavalli bianchi, scintillante nel suo moto perpetuo, dove però ciascuna parola pronunciata da Francesca ne mostra le ammaccature. Qualcuno ha inciso una svastica nell’occhio del tuo cavallo, una scheggia di legno ti s’infila nell’indice. L’irriverente polemica di Pakarov si rivolge verso quell’anonima massa fatta di una miriade di vite silenti, ma anche verso se stesso, poiché è sempre più difficile potersi pensare individui troppo separati da essa. Francesca riesce qui ad incarnare perfettamente l’ironia di cui trasudano i testi letti, dei piccoli spaccati in cui sono presentati personaggi nient’affatto straordinari. Un uomo lercio dentro e fuori, che picchia la moglie perché nessun’altro la desideri, che dopo essersi scolato l’ultima bottiglia rimasta in casa prende e si siede sul divano, che s’accende la televisione da una parte per dimenticarsi del bruciore delle emorroidi e dall’altra perché a vedere persone apparentemente più decerebrate si sente un po’ meno insignificante. Oppure una donna piacente che decide di partecipare a video-chat erotiche perché le piace sentirsi desiderata, anche se avrebbe bisogno di tutto tranne che di divenire un oggetto sessuale. Proprio questa è l’ultima storia presentata e letta a sorpresa con una doppia voce. Il proprietario stesso del Terminal si cimenta timoroso nell’ultima lettura: “Siete tutti splendidi…Ve vojo vè… Posso continuà così per un’ora? Me pija male a leggere…”. Per fortuna c’era anche il supporto di Francesca: la lettura è filata bene, nonostante l’imbarazzo.