di Valerio Marconi
Nella notte illuminata da una mezza luna di un giallo velato dell’8 gennaio è andato in scena grazie al magistrale e sempre potente, nonostante l’età, trio Andrea Giordana, Giancarlo Zanetti e Simona Celi Il bell’Antonio, presso il teatro Feronia di San Severino. La Celi è anche coautrice con Antonia Brancati, figlia dell’autore del famosissimo romanzo Il bell’Antonio, della sceneggiatura teatrale di cui vanno segnalati il mantenimento del potente realismo della lingua che, seppur parca di forme dialettali, risulta non di meno verosimile e la poeticità. Quest’ultima è esemplificabile col maestoso grido della madre di Antonio: “Mi spezzi le vene del cuore!”. Degni di nota sono anche gli scambi di battute dai tagli comico e satirico e il contenuto ma incisivo tratteggiare il motivo di un Dio geloso e vendicativo sui superbi assieme a un Cristo proclamato inesistente; per di più ciò viene inserito con inattesa naturalezza nello spirito siciliano dei personaggi in una modalità ben lungi da qualsivoglia stereotipizzazione. Il risultato è quello di una “tragedia lacaniana”, ma cosa si intende con questa lettura dell’opera teatrale? Continua a leggere