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Intervista a Paolo Nanni

Il Signor G è naturalmente Giorgio Gaber, autore geniale, arguto osservatore del contemporaneo, mirabilmente psicologico e politico. A dieci anni dalla morte rimane vivo, vivissimo, costantemente citato, ripreso, omaggiato da attori, registi, musicisti di mezza Italia. E in questa mezza Italia ora ci sono anche le Marche, c’è anche Macerata, da dove è partito il progetto teatrale del Signor N, che ha costruito uno spettacolo che attinge da trent’anni di produzione Gaber-Luporini, legando insieme estratti del Teatro Canzone in una messa in scena originale intitolata con impertinenza: “Punto G”.

Il Signor N è Paolo Nanni, personaggio o autore eclettico, che si autodefinisce “delirografo” e si muove nella cultura maceratese come un folletto impazzito: dal video alla letteratura, dagli eventi speciali al teatro. Lo incroci ovunque. Oppure non lo incroci mai. Poiché quel che fa è autenticamente underground, se a questo termine ormai fuori moda diamo il senso di qualcuno o qualcosa che non appartiene a identificabili orticelli, correnti e parrocchie; e che non vive la cultura in senso mondano, ma ossessivamente semantico. Se metti insieme il suo operato però non c’è isolamento, né randagismo, bensì un modo di intendere i linguaggi artistici come attaccati al sociale, con la possibilità e il dovere di incidere. Tale tendenza probabilmente gli deriva dal lavoro quotidiano di comunicatore per progetti di prevenzione.

Lo spettacolo è stato allestito con la produzione della Compagnia Calabresi Tema Riuniti di Macerata e la collaborazione delle associazioni Ottobre e Made Again. Il pubblico maceratese ha avuto l’occasione di assistere al debutto il 30 novembre scorso presso il Teatro Lauro Rossi, in occasione della chiusura della Rassegna Perugini dedicata al teatro di base.

“Punto G” è uno spettacolo grosso e grasso: 1 ora e 45 minuti di musica e recitazione, tre atti cavalcati da sette attori e una band live. Paolo Nanni del resto arriva a “Punto G” dopo una esperienza registica che è andata intensificandosi e alzando l’asticella dell’ambizione e dell’integrazione dei linguaggi, e dove quasi sempre c’è la sua firma anche come autore del testo: “Che cos’è la Ricotta?” (2008), “Fieri della vanità” (2009), “La Formula chimica del gatto” (2010), “Seme Cattivo” (2012). Opere cui vanno aggiunti gli spettacoli realizzati con il Progetto Stammibene a scopo preventivo: “Tutti per Juno” e “Droghe & Rock Story” (2011).

Proprio all’inizio del suo percorso (con “Che cos’è la ricotta?” e “Fieri della vanità”) si era preso il rischio di prendere in mano l’opera di un autore contemporaneo enorme e ancora non annoverabile tra i classici: Pier Paolo Pasolini. Ora c’è ricaduto.

Come sono nate la passione per Gaber e l’idea dello spettacolo?

Gaber l’ho semplicemente ascoltato per caso e poi amato come hanno fatto tanti… a partire da poco dopo i vent’anni. Non l’ho mai visto dal vivo purtroppo. Piergiorgio Pietroni, il direttore artistico della mia Compagnia e mio Maestro di teatro, dice che in un certo senso è stato un bene, perché la mia visione della sua opera è diversa da quella che hanno vissuto lui e molti altri amanti del teatro e di Gaber della sua generazione. Penso che la voglia di fare uno spettacolo, in particolare quel particolare tipo di spettacolo che è Punto G, sia nato, in effetti, ascoltando brani forse considerati marginali, come “Noci di cocco” dove si manifesta un Gaber talmente tagliente e anarchico da volerlo fare mio.

Che tipo di spettacolo è Punto G?

Posto che è ancora aperto il dibattito se si possa fare Gaber senza Gaber…lo spettacolo non è simile a niente di quel che si è visto finora: non c’è un attore di chiara fama alla Marcorè o alla Bisio che si mette in scena e propone il suo Gaber. Non è la ri-messa in scena di un testo teatrale o di uno spettacolo di teatro canzone, come hanno fatto ad esempio Barbareschi con “Lo strano caso di Alessandro e Maria” oppure Giulio Casale con “Polli d’allevamento”.
E’ senz’altro simile al teatro canzone, visto che è quasi tutto musicale, ma allo stesso tempo ne è distante, poiché nel teatro canzone di Gaber, come giustamente ha fatto notare nel suo saggio il mio amico prof. Massimo Puliani, la chiave è l’evocazione, cioè l’attore più che narrare rivive. E ciò significa che non c’è nessun reale distacco dalla persona-Gaber, e il suo teatro diventa dunque un dialogo emotivo con lo spettatore singolo.
Invece in Punto G in scena non ci sono persone, ma personaggi, tanti personaggi, ben sette, ognuno dei quali è rappresentativo di un particolare stato nevrotico o maschera contemporanea: l’intellettuale che si parla addosso, il giovane montato, la pseudo artista che va contro il sistema, il medico politicante che ne fa parte, la giornalista narcisista, la finta svampita, la delirante sentimentale.
Ho azzardato tanto innanzitutto per la formula, poi per la difficoltà tecnica e per l’utilizzo di attori giovani, ed infine per aver creato un percorso in cui il senso che avevo in mente prevale in modo netto sull’opportunità di offrire al pubblico i brani più famosi di Gaber, che praticamente non ci sono. Infatti il risultato penso che divida il pubblico: con il sipario che si chiudeva, ho visto molte persone precipitarsi a farmi i complimenti, ma non escludo che altrettanti abbiano tirato dritto per non dovermi dire che non l’avevano apprezzato. Sono comunque pronto a raccogliere critiche di ogni tipo.

E tu sei soddisfatto? come sono andati questi giovani attori?

Enormemente soddisfatto. Hanno fatto un lavoro che avrebbe messo in difficoltà qualsiasi giovane professionista. Ovviamente è ancora da affinare. Hanno dalla loro passione e talento ma non hanno il tempo a disposizione che avrebbero appunto attori professionisti. Per cui i migliori risultati li raggiungeremo man mano che Punto G si replicherà. Poi sono entusiasta della scena, delle luci, dei costumi curati da ventenni “terribili” (ndi: Laura Perini, Giulia Ausili, Tiziana Patrizi) e della parte musicale che è stata allestita e eseguita da musicisti sensibili, anche loro giovani ma bravissimi, con un gusto originale e allo stesso tempo rispettoso dell’eleganza musicale di Gaber. Punto G ha Gaber-Luporini come autori di riferimento, ma è la nostra opera, ci abbiamo messo la nostra identità, le paure, le urgenze. Come ci insegnano appunto GeL per parlare di qualunque cosa occorre partire da se stessi, fin nel quotidiano: Punto G inizia con la telefonata speranzosa di un precario al proprio datore di lavoro, la stessa telefonata che abbiamo fatto tutti nel cast, e il nome del ragazzo è la citazione storpia di Cerutti Gino: Ivan Cerruti, quindi con accento tonico da parola piana invece che sdrucciola, tipica dei cognomi marchigiani. Se e quando porteremo Punto G fuori dalle Marche dubito che si capirà la finezza, ma fa niente, è divertente.

A proposito… dove lo porterete? E’ vero che l’hanno richiesto dalla Fondazione Gaber?

Chi ve l’ha detto? Incrociamo le dita. C’è un canale aperto. Chiariamo bene: la Fondazione è molto attenta a tutto ciò che viene fatto in Italia, specie dai giovani, perché è soprattutto con loro che intendono tenere viva l’opera di Gaber e Luporini. Con me sono stati splendidi: già 2/3 anni fa quando ho cominciato a lavorare sulla messa in scena ho chiesto aiuto e informazioni e lo staff mi ha supportato. Poi in questi ultimi tempi Paolo Dal Bon, il presidente della Fondazione, mi ha chiamato personalmente: aveva visto alcuni estratti dell’anteprima avvenuta a luglio scorso a Caldarola, ed è rimasto colpito, mi ha detto che li trovava intelligenti e originali, che ci teneva a vedere tutto lo spettacolo, anche per valutare un eventuale invito al Festival. Il Festival Gaber è fatto da grandi nomi, se riuscissimo ad andare sarebbe fantastico.

Ci ricordi coloro che hanno collaborato a questo lavoro?

“Punto G” è interpretato da Paolo Andrenucci, Daniele Astorri. Giulia Ausili, Rebecca Liberati, Laura Perini, Paolo Petrini, Maria Laura Pierucci, Giulia Poeta. Musica arrangiata e eseguita da Luca Cingolani, Alessandro Malvatani, Giammaria Montecchia, Stefano Occhioni, Alessandra Tamburrini, Carlo Venanzoni. Scena progettata e realizzata da Laura Perini. Disegno e regia luci di Giulia Ausili. Costumi di Tiziana Patrizi. Organizzazione generale tecnico-artistica curata da Piergiorgio Pietroni e Quinto Romagnoli. Lo spettacolo è prodotto da CTR MACERATA con la collaborazione di Comune di Macerata, Comune di Caldarola, Unione Italiana Libero Teatro, Ass. Made Again, Ass. Ottobre. Informazioni ulteriori sono su http://www.ctrmacerata.it.

Grazie

B.S.