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di Lucia Cattani

Non sono ancora le nove e già un’inesprimibile amarezza adombra questo giorno, in Italia. Nei giornali appare solo ora la notizia di un furto avvenuto la scorsa settimana a Pompei, un’ennesima sconfitta che accettiamo in silenzio, come al solito. Più leggo la notizia, più non mi sembra possibile che un Paese ricco di bellezza e di poesia come il nostro, in cui la cultura potrebbe essere mezzo di riscatto dalle problematiche sociali ma anche economiche, si sia invece così scioccamente lasciato andare, fino a diventare un cimitero abbandonato alla mercé dei vandali. La crisi è forse riuscita a sconvolgerci fino al punto da renderci insensibili al decadimento della cultura?

Eppure solo ieri mi ero illuminata di ottimismo a seguito di un colloquio particolarmente appagante con l’assessore alla cultura di Macerata, Stefania Monteverde, a proposito della ormai prossima riapertura di Palazzo Buonaccorsi. Nel giro di poche ore ho avuto modo di vedere le due opposte facce dell’Italia, in cui, a quanto pare, quasi mai si agisce a favore di valorizzare il territorio, da nord a sud di potenziale incomparabile a qualsiasi altro paese, irradiato degli echi della Storia, le cui bellezze naturali sono esaltate dalle tracce di un passato artistico dal valore incalcolabile. Tutto questo passa in secondo piano di fronte a bisogni immediati che gli italiani rivendicano, inconsapevoli del fatto che siamo soggetti ad un progressivo impoverimento non solo culturale, a causa della degradazione del nostro patrimonio artistico. Oggi dobbiamo rinunciare a quel prezioso affresco di Artemide, nella casa di Nettuno, che era riuscito a salvarsi dalle polveri del Vesuvio e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ma non dalla cecità di un’Italia che, innegabilmente, sta perdendo quello spirito di rispetto verso il suo prezioso passato e anche la possibilità di riemergere dalla crisi, dato che guarda la cultura con aria di sufficienza, dato che, com’è stato più volte ribadito dai politici, “l’arte non si mangia”.

Come scrive oggi Philippe Daverio l’eredità del patrimonio culturale si sta disintegrando: “Nel parco di Monza crollano le scuderie di quelli che fu uno dei centri ippici più gloriosi dell’Italia unita Giolittiana; sono costruite vicino alla fatiscente situazione delle ville del Mirabellino e del Mirabello dove l’anno scorso ci fu una mostra di dinosauri di cartapesta e dove invece nel Settecento il cardinal Durini aveva insediato la sua Accademia dell’Arcadia. A Colorno, nel parmense, rimane desolata e malandata la Reggia, depauperata dagli arredi per ridecorare il Quirinale svuotato dal Papa trincerato in Vaticano dopo la Breccia di Porta Pia (…) Il patrimonio culturale della penisola è tutto una catastrofe.” A questi fatti si aggiungono le condizioni critiche del Museo Archeologico delle Marche, ad Ancona, che a detta del poco personale grazie a cui è visitabile, cade a pezzi sia per le infiltrazioni da un tetto ormai da ristrutturare, sia per le mansioni che chi vi lavora si trova a dover svolgere per necessità nonostante non spettino a loro – fatica non remunerata che dalla passione verso l’archeologia e il rispetto del passato che a quanto pare sembra più spiccato in loro, nonostante la retribuzione da fame, rispetto a quelli che si trovano ai piani alti e che operano le scelte economiche di gestione delle risorse.

Fortunatamente queste situazioni non sono paradigmatiche: le eccezioni esistono e dimostrano quanto può essere invece conveniente sotto ogni punto di vista far della cultura un punto di forza, e non un argomento di cui si parli con imbarazzo per subito cambiare discorso. All’inizio, e non solo, ci vuole coraggio e decisione, ma poi i frutti non tardano a proliferare: in questo Macerata dovrebbe essere considerata, a mio avviso, un esempio encomiabile per moltissime altre realtà di amministrazione comunale – a pensare questo è un’anconetana giunta a Macerata per motivi di studio. Sembra infatti che sia diversa dalle altre la situazione maceratese, certo dovuta a molto impegno e fatica da parte di cittadini e amministratori, che mostra come sia possibile coniugare una rinascita artistica a benefici anche di natura economica, quindi non fine a se stessa come molte personalità non molto lungimiranti continuano ad asserire.

La città è grandemente apprezzata sia a livello regionale che internazionale per l’interesse verso le attività culturali e la promozione delle bellezze artistiche – basti pensare alla Stagione Lirica dello Sferisterio, al pregio di un’Università rinomata, all’ormai immancabile evento annuale di Musicultura, ad una prolifica stagione concertistica come quella organizzata da Appassionata e alle molte organizzazioni culturali (tra cui la stessa ADAM) che fanno in modo di rendere questo territorio sempre pieno di iniziative e ricco di stimoli. Non finisce qui: la città, ricca di storia, nasconde tesori che a volte passano inosservati sotto lo sguardo degli stessi cittadini – la biblioteca Mozzi Borgetti, Palazzo Ricci, la torre dell’Orologio, il museo di Storia Naturale ne sono degli esempi. A coronare questa realtà che sembra così lontana dai crolli di Pompei, ci sono gli investimenti di fondi per la restaurazione delle stanze di Palazzo Buonaccorsi, di cui finalmente sono giunta a parlare.

Ormai è di pubblico dominio la notizia del restauro di Palazzo Buonaccorsi, un vero e proprio gioiello nel cuore della città. L’assessore alla cultura Stefania Monteverde  spiega che il palazzo-museo sarà riallestito ed arricchito di meravigliosi dipinti che da troppo tempo erano segregati negli archivi. Del restauro delle tappezzerie si è occupata La Tela di Penelope, un’esperta azienda di Prato, restituendo vita a quel famoso “rosso Buonaccorsi” che per secoli ha dominato le splendide sale. Molte opere sono state restaurate, comprese le preziose cornici in lamine d’oro e di un antico lampadario di Murano. Il lavoro è stato compiuto nell’ultimo anno sotto la supervisione dell’architetto progettista Luca Schiavoni, che si era precedentemente occupato dell’allestimento, nello stesso edificio, del museo della carrozza oltre ad altre commissioni nazionali ed internazionali.

Il progetto, supportato da un investimento della Regione Marche, non si limita ad essere semplicemente un’opera di salvaguardia del territorio; intorno c’è un intero cantiere di sviluppo economico: troviamo coinvolti nel progetto restauratori, elettricisti, falegnami, operatori della comunicazione e una moltitudine di altri specialisti che in questo modo incrementano l’occupazione e l’evoluzione economica territoriale. Si tratta di un investimento sulla civiltà di un popolo: la cultura in questo modo oltre al valore intrinseco può diventare il motore di un sistema di sviluppo economico, nonché rivelarsi grande stimolo per il turismo. Sono state infatti consultate quattro diverse agenzie  turistiche di incoming per occuparsi anche del merchandising oltre che della divulgazione dell’evento di apertura, che avverrà il prossimo 21 marzo.

Ciò che si fa all’interno della comunità deve essere raccontato, per questo è necessario spendere nella comunicazione. Sono stati spesi 40 mila euro per scopi di promozione su quasi un milione di euro di investimento:  una percentuale davvero esigua che, considerata da questo punto di vista, rende le considerazioni di un articolo della scorsa settimana pubblicato da Cronache Maceratesi, in cui si manifestavano delle riserve e dei malcontenti sulla cifra spesa per l’apertura di Palazzo Buonaccorsi, decisamente fuori luogo ed infondate. Infatti, replica la Monteverde, “40 mila euro su un milione è ben poca cosa: sarebbero anzi state necessarie più risorse perché un evento di così grande rilievo possa essere comunicato a tutti. Per i cittadini è miopia ritenere che quella somma sia inutile o esagerata: simili affermazioni limitano il diritto degli altri cittadini all’informazione, e quindi a poter fruire di una risorsa importante e significativa come quella del nuovo Palazzo Buonacorsi. Inoltre la somma è stata diluita nel corso dell’anno, in modo di sostenere iniziative estive di pubblicità e informazione che coinvolgeranno anche la costa, richiamando l’interesse dei turisti e utilizzando il prezioso strumento dei social network”. L’assessore spiega inoltre che il messaggio che si evince dalla pubblicità è appunto quello che vuole portare la cittadinanza a considerare il museo come un luogo in cui tornare e ritornare, meta di incontri, divertimento, gioco per i più piccoli e intrattenimento per i giovani. È l’immagine di un museo diverso da quello convenzionale, che si visita una volta sola: uno spazio aperto, dinamico, attivo e che riesce a proporre attività culturali significative, un museo del cittadino, non solo della città. In linea con i tempi, tutto parlerà attraverso i linguaggi multimediali, a partire dai video istallati in tutte le stanze in modo da raccontare opere e affreschi – in progetto c’è anche l’idea di realizzare un’applicazione per smartphone legata a Palazzo Buonaccorsi.

Contrapposto alla triste realtà italiana, il progetto sembra essere un nuovo inizio, congiunto metaforicamente con l’apertura che avverrà il primo giorno di primavera, un imput di grande energia, una sorta di rinascimento culturale di Macerata, in modo da rendere la città un vero e proprio centro propulsivo di interesse culturale all’interno della regione e non solo. In una situazione come quella attuale in cui l’Italia sta chiudendo i suoi musei, in cui molti si sono arresi di fronte alle difficoltà di un periodo storico complicato, mentre continuano a crollare i palazzi di Pompei, mentre chi vuole vivere di arte e cultura, chi sceglie una facoltà umanistica viene deriso dalla società e considerato poco responsabile per le poche prospettive, può solo far sperare un comportamento del genere da parte di Macerata, che ha il coraggio di andare controcorrente. Senza dubbio i maceratesi devono molto ai loro rappresentanti: alla fine del colloquio, l’assessore alla cultura ha esternato la propria passione, il proprio coinvolgimento in prima persona all’interno di questi progetti: “Vivo questo con l’entusiasmo di una cittadina che si trova a vivere un momento straordinario. La mia speranza è quella di far emergere il bello che Macerata nasconde e di far in modo che tutti possano prendere parte a questa grande meraviglia.” Speriamo che questo comportamento possa far riconsiderare all’interno dei molti casi di degrado culturale di cui si è già parlato le proprie priorità, che serva a dissolvere la cecità che sta dilagando in modo così drammatico e inaccettabile.

(immagine: l’affresco di Artemide trafugato a Pompei)