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di Maria Silvia Marozzi

1954. Pablo Neruda pubblica il volume Las Odas Elementales, entro cui si collocano poesie di vario genere, ispirate ad elementi semplici della quotidianità di ciascuno.
Quotidianità: “Il fatto, la caratteristica di essere quotidiano, di determinarsi e ripetersi tutti i giorni” (Treccani).
Sembra esser questo il messaggio dell’arte maceratese nelle ultime sue esposizioni: serialità (cfr. “Macerata ricicla spazi ad arte” articolo del 25.02), quotidianità, il ritorno di figure essenziali, un messaggio che propone attenzione verso elementi nascosti eppure evidenti nella vita di tutti i giorni:
Prugna ed Olio,
Carciofo e Castagna,
Pane ed il guardare gli uccelli,
Vino ed una Scatola di The,
Cipolla e Cocomero,
il Suo Aroma e la Mela,
Mare e Zuppa di Grongo,
Mais e Patata.
Sembra esser questa una sorta di lista della spesa redatta da un degente del Patologische Sammlung (un antico famoso, oggi detto, “Ospedale Psichiatrico” viennese, meglio noto a livello popolare attraverso la dicitura “Manicomio”).
In realtà si tratta dei titoli di “odi elementari”, che l’autore dedicò, fra gli altri, ad elementi legati al nutrimento ed al cibo. Elementi che otto illustratrici italiane, legate dalla passione per l’arte e la poesia, hanno deciso di denotare attraverso disegni, due per ogni artista.
Al di là di qualsiasi superflua spiegazione del senso dell’ esposizione, sembra più opportuno citare uno scritto di Neruda, che potrebbe fungere da Manifesto:

La Casa delle Odi
Scrivendo
queste
odi
in questo
anno mille
novecento
cinquantacinque
spiegando e suonando
la mia lira obbligatoria e rumorosa,
so quello che sono
e dove va il mio canto.

Capisco
che il compratore di miti
e misteri
entri nella mia casa delle odi,
fatta
con mattone crudo e legno,
e odi gli utensili,
i ritratti
di padre e madre e patria
sulle pareti,
la semplicità
del pane
e della saliera.
Ma è così la casa delle mie odi.

[…]
Desidero che tutto
abbia
impugnatura
che tutto sia
tazza o attrezzo.
Desidero che per la porta delle mie odi
entri la gente alla ferramenta.

[…]

Non me ne stetti fissato
in nessun sogno.

Ritornai a lavorare semplicemente
con tutti gli altri
e per tutti.

Perché tutti vivano
in essa
faccio la mia casa
con odi
trasparenti.

In particolare sono stati scelti per questa installazione disegni dialoganti col corpo, il contatto, la sensualità. Elementi visti da Neruda come alimento concreto e, contemporaneamente, nutrimento emotivo: all’interno di cornici dorate, a sottolineare la preziosità di elementi comunemente definiti “semplici”, gli artisti hanno disposto figure umane accoppiate sensualmente agli elementi di questa pazza lista della spesa.
Una donna incinta con un’escrescenza ombelicale a mò di ramo di pianta di cocomero, una cipolla fungente un fallo (come anche la raffigurazione di una pannocchia), un uomo che mangia del pane posto sul basso ventre di una donna formosa mentre impugna un mattarello e bambine che osservano volatili entro una stanza da letto.
Wisalawa Szymborska disse, ricevendo il Nobel per la Letteratura: “…il poeta, se è vero poeta, deve ripetere di continuo a se stesso ‘non so’. Parole piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra.”  “Non so” è vero come “Nie Wiem”, il nome del Collettivo che ha organizzato la mostra, in polacco corrisponde a “non so”.
Quale il leitmotiv ( ted. ) finale di questa esposizione di elementi tradotti in piaceri carnali, prepotenti all’occhio dello spettatore? L’erotismo? L’elemento naturale presente nell’uomo e nei vegetali? Il simposio delle due essenze? Il tentativo di creare una coscienza che si innalzi sulle differenze e ritrovi la sua comune origine con le piante?
Nie Wiem.

foto di: Collettivo Nie Wiem (Facebook)