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8.Musica, arena sferisterio, Comune di Macerata, ilaria patassini, ilaria piampiani, musicultura25, Pilar
di Ilaria Piampiani
“[…]
la mia gente
è gente che resta
ferma in un punto
in una risposta
e invecchia e commuove
per questo talento
che trattiene l’amore
[…]”
Gente che resta – Pilar-
È sempre particolarmente gradevole quando un artista trova del tempo per fare due chiacchiere, per raccontarsi attraverso parole scelte e significative, per esprimersi e condividere un pensiero senza far intravedere alcun tipo di fretta.
Questo piacere lo abbiamo avuto con Pilar, al secolo Ilaria Patassini, raggiunta telefonicamente in una fredda sera d’inverno. Ci risponde con voce melodiosa e calda, un non troppo marcato accento romano e con la gentilezza che non è mai da dare per scontata, soprattutto alla fine di una giornata molto impegnativa.
Amante dei “ frutti di stagione, dei boschi della borgogna e delle parole che la rincorrono”, tra le altre cose, Pilar, “accompagnata” sempre da un filo di perle sul palco, si esprime attraverso una musica che si radica nella sonorità popolare per dar vita a sfumature contemporanee e sofisticate, sfociando in una buona e compiuta originalità. Parole e note che ricordano i profumi e i colori del Sud Italia, in suggestioni acustiche in continua metamorfosi, cangianti e mai scontate, così come la voce stessa della Patassini, una voce limpida e intensa, alla quale viene affidato, inoltre, un aggiunto valore strumentale.
Quella di Pilar è senza dubbio una musica che si fa ascoltare e non semplicemente e sterilmente sentire, una musica che chiede e riceve attenzione poiché vuole farsi condividere da chi la “incontra”. Si percepisce immediatamente quell’alchimia di cui lei stessa ci parla, un’alchimia necessaria che viene a crearsi nel corso del periodo di gestazione e nascita di una nuova canzone, figlia di un lavoro collettivo, di un dialogo tra emozioni diverse e affini, di un’unione perfetta tra spartito e testo.
Tanti sono i premi e i riconoscimenti che hanno evidenziato il valore artistico di Pilar, ma senza dubbio ci piace concentrare la nostra attenzione sulla sua vittoria a Musicultura nel 2007, vittoria ottenuta grazie al racconto passionale di quella “Gente che resta”, un tango di emozioni acustiche e visive, incorniciato dalla bellezza e il soffitto di stelle dello Sferisterio di Macerata. Proprio questo fine settimana sarà ospite delle audizioni live della venticinquesima edizione del Festival per la canzone popolare e d’autore marchigiano. Per Pilar ritornare a Macerata è un’occasione per “chiedersi a vicenda come va”, come si fa tra amici di vecchia data. Rivedersi, rincontrarsi e in un certo senso aggiornarsi sul tempo trascorso, raccontarsi e riconoscersi.
Musicultura, ci dice Ilaria, è stata una conferma, un punto fermo a cui è arrivata e da cui è ripartita per continuare una storia sempre in evoluzione, che si arricchisce arricchendo il proprio uditorio.
Senza dubbio interessante è il suo saldo e fermo punto di vista nei confronti del panorama musicale che ci troviamo davanti; “la musica si divide in due categorie: quella brutta e quella bella.”. Una dichiarazione all’apparenza semplicistica che però, approfondita, mette in luce quello sbaglio comune e fin troppo esteso commesso dalla critica e dalla gente comune. Quello che intende dire Pilar è che purtroppo in Italia è fin troppo semplice cristallizzare e delimitare in “cassetti troppo stretti” e categorie l’arte. La musica è musica; la musica vuole comunicare, condividere, avere un uditorio che l’ascolti e la interiorizzi. Non c’è dunque musica di nicchia se non quella che vuole a tutti i costi chiudersi in se stessa, nascondersi, celarsi dietro paroloni e filosofie incomprensibili, che non vuole farsi, appunto, condivisione.
Da qui parte il prezioso consiglio dell’artista romana ai giovani musicisti che si apprestano all’avventura di Musicultura: arricchirsi, ascoltare, fare esperienza e conservarla come fosse un tesoro, aprirsi a ciò che è estraneo, essere generosi e al contempo affamati di nuove suggestioni, avere il coraggio di evolversi. Crescere, avere pazienza di costruire, di porre solide fondamenta per un cammino che lasci traccia, a differenza di quelle “pseudo-star” prodotte da trasmissioni televisive, meteore e niente più, che nascono e muoiono in un batter di ciglia. La fretta, come in tutte le cose, non reca mai con sé una sincera soddisfazione poiché non permette a chi ne viene inghiottito di maturare ricordi e speranze, di scrivere progetti , di immaginare nuovi traguardi che non hanno niente a che fare con la ricchezza materiale.
L’amore di Pilar per la maturità, per le sfumature, per la composta e allo stesso tempo vivace varietà e frenesia di suoni e colori, può esprimersi nel suo amore per l’Autunno. L’Autunno con i suoi melograni, la sua luce soffusa, timida ma non spenta, una luce che agli occhi di una romana rende la sua città ancor più bella, se possibile. L’Autunno la stagione mesta e ribelle, la stagione che si spegne ma non muore, la stagione che forse più di tutte esprime “quella sottile linea che passa tra la vitalità e la tristezza, quella buona nostalgia” che ritroviamo nella musica che resta di Pilar come nella piacevole chiacchierata con Ilaria Patassini, una donna che si fa a arte.