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di Simone Palucci

La loggia aleggia ligia alla legge, almeno dicono. Tra un bagno pubblico e un’osteria dovrebbe emergere la protuberanza artistica ad omaggio della città. Così, nel Paese dell’incontrario la massoneria regala una statua allo Stato che, per carità non senza mal di pancia e proteste intestine, dovrebbe accettarlo. Nella fattispecie l’associazione massonica Stringiamoci a coorte dona al Comune di Macerata una statua firmata da Ermenegildo Pannocchia per i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia.
Il Comune di Macerata va in subbuglio, mai regalo è stato più controverso, di solito, si sa, i regali si finge comunque di accettarli anche se non piacciono, poi magari si rigirano alla prima occasione. In ogni caso il consiglio comunale si concentra in sedute per l’approvazione, probabile, del regalo. Dibatte, discute, lascia la parola e l’analisi al gruppo per il decoro urbano, che forse sarebbe stato più utile in passato e per altre questioni, come l’edificio in stile Berlino est dell’Università a Vallebona, il fiammante supermercato Oasi alla fine di via Mattei, perché i maceratesi non sapevano dove andare a fare spesa, e più indietro negli anni il centro direzionale, a sostituire la caserma Corridoni, esemplare edificio attinente allo stile e all’architettura dei palazzi adiacenti e circostanti.
A Macerata la statua della discordia ha in realtà tre opzioni di posizionamento, via Berardi, al posto dei bagni pubblici, largo Beligatti, a metà di via Mozzi, o largo Donatori del Sangue. Indipendentemente dalla collocazione, è decisamente stucchevole la decisione verso la quale sta andando il consiglio comunale, cioè l’approvazione, e al contempo è altrettanto fastidiosa la motivazione sostenuta da gran parte dei contrari.
Il primo punto fa capo all’esistenza delle logge massoniche in Italia, quindi anche a Macerata, che vorrebbero spacciarsi per congregazioni di liberi pensatori. Non è un caso che in Italia la massoneria nacque nei primi decenni del settecento, perché all’epoca a governare il Belpaese vi era da un lato lo stivale straniero, mentre dall’altro lo Stato Pontificio. Era necessario che i liberi pensatori si riunissero con la massima segretezza, pena la morte. Poi il Regno d’Italia, infine il fascismo, tutti ambiti nei quali non era possibile esprimere il dissenso. Infine la Repubblica, la sua Costituzione che sancisce la possibilità di associazione, e la rinascita della massoneria con il Grande Oriente d’Italia, la principale loggia massonica, che tra lotte intestine e semi della discordia si è scissa in un’infinita serie di altre logge, sotto logge, loggette e associazioni. Quasi quanto la sinistra italiana.
Il punto però non riguarda tanto la quantità di logge presenti sulla Penisola o a Macerata, bensì il perché della loro esistenza. A parte il fatto che la Costituzione appunto sancisce la libera associazione, il Grande Oriente d’Italia, nel 1946 dichiara « Noi non possiamo né vogliamo fare altro che ricordare ai Fratelli la necessità di tener fede ai principi che avemmo in retaggio da Mazzini, senza nulla imporre: nel tempio del libero pensiero non sono ammesse coercizioni. Giudichino i fratelli, riandando la storia d’Italia, particolarmente quella degli ultimi venti anni, quale delle forme istituzionali sia meglio adatta a conservare in piedi precisamente quel tempio della Libera Massoneria di cui noi siamo gli operai e da tale esame traggano ispirazione. » In breve portano avanti le idee di Mazzini, in un contesto però di libertà, che non necessita, almeno in linea teorica, di nessun carbonaro, e tutto ciò viene fatto nel tempio della libera massoneria. Poi improvvisamente la P2 ha spiegato molto della massoneria, anche se il Grande Oriente d’Italia si sbrigò a cacciare Licio Gelli e a definirsi estraneo. Però, in fin dei conti, a che serve una loggia massonica, che storicamente ha liberamente pensato ad una idea diversa di Stato, se non a sovvertirne l’ordine già stabilito? Con questo interrogativo lasciato in aria, plano alla seconda questione, ovvero le motivazioni che hanno spinto gli oppositori alla regalia massonica della statua ad essere tali: la massoneria è in contrasto con l’ispirazione cattolica della gran parte della città. Materiale inerte, che ha preso vita ed è divenuto arte grazie alla mani di un uomo, scoperchia vecchi rancori, enfatizza la totale estraneità di uno Stato laico nelle nostre vite, fa trapelare la verità, ossia che il problema non risiede nel fatto che la massoneria è un insieme segreto di liberi pensatori che non si sa cosa pensino, che magari fanno un regalo per dimostrare di essere legati alla patria aggiungendo anche un “così, tanto per ricordarlo”. Non è per una piaga come lo è stata la P2 che ci si oppone ad un simbolo massonico, bensì perché contrasta con il cattolicesimo, che all’epoca dei governi stranieri in Italia era a sua volta un potere forte, come lo è tuttora grazie ai concordati. Insomma, o a favore di un’associazione segreta o a favore dell’ingerenza. E la statua probabilmente spunterà in via Berardi, a ricordarci che nel corso della storia maceratese un punto a favore l’ha avuto il potere massonico contro il potere della chiesa, nel cosiddetto Stato libero, inteso come libero di scegliere tra poteri forti, senza sgarrare. Poteri che si scontrano alla luce del sole, in maniera del tutto chiara, occupando un palcoscenico che dovrebbe avere altri protagonisti, come il sociale, la sanità, la scuola, la cultura vera, seria, non le facezie ed i simboli di bottega.
Però bisogna ammettere che come sempre la sfera politica ha una gran classe nel fare le cose, una statua al posto di un pisciatoio, forse con la pretesa di sentirsi un po’ Duchamp.