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max gazzè

di Camilla Domenella

Tornavi a casa ubriaco, e non ti sentivi timido. Inveivi senza eleganza contro quel buzzurro che t’aveva fregato la ragazza. Lo insultavi, lo tacciavi di essere quel che eri tu in quel momento: un villano.
Decidevi di andare al mare, in Aprile, per scappare da quel flirt primaverile finito male, e proclamavi la tua intenzione a tutto volume: “Io vado al mare, voi che fate?”.
Magari avevi una ragazza di nome Anna, che in intimità chiamavi Annina. Voleva andar di qua, voleva andar di là, fare questo e fare anche quello. Tu la vezzeggiavi, la viziavi.. pensa che per lei avevi anche smesso di fumare. Finchè hai sbottato: “Stai zitta, amore mio, stai zitta!”. Ma eri un tipo meno villano di quando tornavi a casa ubriaco anni prima, così le hai dedicato la canzone eponima.

Alla fine, mercoledì sera, eri allo Sferisterio, e, fremente sulla tua poltroncina, non riuscendo a stare fermo, ti sei reso conto che Max Gazzè ha descritto tante volte te stesso. E non lo ha fatto nella banalità delle semplici parole, bensì nell’eccellenza della sua musica.
La bravura di Gazzè non è stata smentita neppure in questo appuntamento maceratese del Sotto Casa Tour. Max Gazzè è salito sul palco dello Sferisterio con la maturità e la coscienza di chi ama fare musica. E farla bene.
Lo vedi subito. La chioma ricciuta e nera non nasconde l’orecchino che pende; il sorrisetto beffardo che si schiude all’autoironia, al lieve imbarazzo dell’emozione. Quando dichiara di sentirsi onorato di suonare per il pubblico dello Sferisterio, è sincero e quasi commovente. Ti saresti alzato, di già, dalla tua poltroncina dell’Arena, e saresti corso ad abbracciarlo, invocarlo, dicendogli “Ma no, sono io ad essere onorato!”. Immagini di farlo, e ti riaccomodi sulla sedia come fossi appena tornato al tuo posto.
l cielo nuvoloso minacciava pioggia. Qualche goccia cadeva sulla platea. Ma le stelle, che volevano anche loro far da spettatrici, si son presto fatte largo tra i nuvoloni grigi scongiurando il pericolo.
Gazzè attacca Questo forte silenzio e già il fragore degli applausi si fa assordante. La scenografia di luci ed immagini, del regista Duccio Forzano, riempie coerentemente il palco.
Con E tu vai via il pubblico si scalda. Tu non riesci a trattenere il piedino che comincia a battere il tempo incalzato dal basso dello stesso Max. Il basso fa vibrare la tua cassa toracica come fosse un amplificatore. Al piedino aggiungi un groove tutto di testa-collo che non smetterai di replicare fino a tarda serata. Tra A cuore scalzo e L’amore pensato attacca anche il battere di mani della tua vicina cinquantenne, che però segue un tempo tutto suo.
Max sul palco ripercorre in compendio la ricchezza della sua carriera. Ai brani del nuovo album “Sotto casa”, che dà il titolo al tour, alterna i “classici” del suo repertorio. Si succedono Cara Valentina, L’uomo più furbo, Il solito sesso, Eclissi di periferia, in un crescendo di emozioni sincere, derivate esclusivamente dall’eccellenza della musica. Insieme alla sua band, di collaudato feeling artistico, ospita sul palco il quartetto d’archi “Euphoria”, col quale interpreta L’origine del mondo.
Quello di Max Gazzè è uno spettacolo che non mira a “dare spettacolo”. Il suo è un concerto che non richiede spiegazioni – superflue -, né effetti speciali – basta il suo basso -, né battute, se non spontanee (“Vai, Max!” gridano dalla platea. “Eh, sto andando” risponde lui). Il cantante romano non ostenta atteggiamenti da show man: non ce n’è bisogno. Niente parole che non siano quelle già eloquenti dei testi, niente suoni che non siano quelli intriganti degli arrangiamenti. Questo è un concerto che porta l’etichetta: “Qui si fa Musica”. Con la Emme maiuscola, sì. Perché quando la musica è buona, merita una menzione d’onore, e un’attenzione particolare. Tanto più se il panorama su cui si staglia è quello desolato e desolante della musica (Emme minuscola) italiana.

La carriera musicale di Gazzè inizia a Bruxelles, dove assorbe inevitabilmente suoni dal sapore internazionale che in Italia non vengono ancora capiti, o meglio: ascoltati.
Col rientro a Roma del 1991, iniziano le suo collaborazioni. Frequenta Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Alex Britti, Frankie Hi-NRG. Poi arriva Cara Valentina, e, con Valentina, anche il successo. Ma i suoni particolari e inauditi, il timbro originale, unitamente ai testi ironici quanto profondi nati dalla collaborazione col fratello Francesco, non lo consegnano immediatamente allo stra-grande successo popolare. Max Gazzè è troppo colto per essere dato in pasto alla massa volgare. E non che lui si giudichi colto, sia chiaro! Il problema piuttosto è il pubblico, che si crogiola nel volgare.
Ma stavolta, è stato diverso…
Bastava tornare ad osservare la vicina cinquantenne senza ritmo, e poi allargare lo sguardo fino ad abbracciare l’intera platea, le gradinate, i palchi. Il corpo unico del pubblico offriva in dettaglio una varietà antropologica sbalorditiva. Ragazzine poco più che maggiorenni si alternavano a famiglie giovani, a uomini maturi, a donne in ghingheri e senza ghingheri. Tutti lì per ascoltare Max Gazzè.
Quell’assortimento di piedi ritmati come il tuo, di mani plaudenti, di visi divertiti, si riversa sotto il palco, quando attacca Sotto casa. Tutti lì, a ballare, a cantare, a lanciare baci, esortazioni, urla di entusiasmo. E nessuno si sposta, e anzi! La folla cresce nonostante lo spazio angusto sotto il palco. Parte Una musica può fare, e l’entusiasmo è travolgente. Arriva fino al palco. I musicisti suonano pieni di fervore, la violoncellista addirittura suona in piedi il suo non comodo strumento.
Gli spettatori sono tutti lì, sotto al palco, e ci restano fino alle ultime note, fino a quando il basso di Max non smette di vibrare sotto le sue dita.

Torni a casa cantando come un ossesso. Cammini scandendo il ritmo coi tuoi passi. Sei incapace di parlare senza inserire nei discorsi ritornelli efficaci. Hai avuto la tua dimostrazione: visto quante cose può fare una Musica!

(foto da: rollingstonemagazine.it)