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di Camilla Domenella
Prima vi minacciano, poi, con un colpo di pistola, vi rompono la testa, e infine ve la ricompongono come vogliono. Senza tanti giri di parole, senza tanti complimenti.
Abbandonate ogni speranza, allora, o voi che leggete, perchè con gli Scarabocchi di Maicol&Mirco non potete illudervi di mantenere il vostro ipocrita buonismo, nè di ascendere la scala del purgatorio benpensante. Siate malpensanti. Perchè è così che realmente pensate: male.
Innumerevoli erano i (mal)pensatori che gremivano l’aula A del dipartimento di Filosofia, giovedì scorso, per l’incontro con gli autori Maicol e Mirco: “W la Fi…” era un titolo che si prestava alla malizia, “…losofia” lo completava solo marginalmente.
L’incontro, ultimo di un ciclo volto all’approfondimento del fumetto contemporaneo, è stato organizzato dall’associazione studentesca LogAut, nell’ambito dell’UniFestival.
Maicol e Mirco, da Grottammare (AP), sono i fumettisti che hanno ormai invaso l’intero territorio nazionale con i loro Scarabocchi, collaborando anche con importanti riviste, tra cui XL di Repubblica.
“W la Fi…losofia” è stata una presentazione ironica e confidenziale degli Scarabocchi contenuti nei libri “Blam” e “Blorch” (RomboLab autoproduzioni), e della “sit-com” “Gli Scarabocchi animati”. Sono intervenuti infatti il regista dell’animazione Giordano Viozzi e, naturalmente, l’autore Maicol.
L’assenza di Mirco suscita subito qualche dubbio, tanto da far esordire a Maicol, sibillino: “Mi chiedono spesso quanti siamo, se uno o due, o magari trenta. Non c’è una risposta esatta: è vero tutto. Io sono il frontman: io sono uno, due, trenta. Gli Scarabocchi sono il frutto di una schizofrenia.”
Si capisce subito che questa non vuole essere una lezione sul fumetto e sulle sue regole, posto che ve ne siano. E’ invece una conversazione irriverente e profonda sugli ingranaggi che muovono la schizofrenia grafica di Maicol, e che, innegabilmente, di riflesso, muovono anche la schizofrenia di chi li legge.
Maicol&Mirco sono autori di fumetti che scardinano gli schemi grafici e contenutistici cui siamo abituati.
Le loro vignette sono assolutamente prive di sfondo: non c’è alcun paesaggio a contenere la sintesi della vicenda, nè alcuna didascalia che ne spieghi gli eventuali passaggi. Neppure vi sono colori, se non l’onnipresente e unico rosso, all’interno del quale galleggiano i tratti neri a forma di personaggio.
I protagonisti di Maicol&Mirco non hanno sembianze umane. Somigliano piuttosto a quegli umanoidi da disegno pre-scolare: un cerchio, un triangolo, o un quadrato, a cui si agganciano quattro lineette storte e sgangherate che fungono da gambe e da braccia. Scarabocchi, appunto, che si stagliano su quel fondo rosso che suggerisce tutto fuorchè innocenza. E’ la gamma di ironiche crudeltà che si scambiano, a rendere i personaggi di Maicol&Mirco imbarazzantemente umani.
Volgarità, suicidi, “omicidi”, incesti ci vengono presentati senza alcun filtro moralistico o moralizzante, con tutta l’ironia insita nella disarmante (ma armata) verità. E’ qui il vero paradosso, nel senso etimologico del termine: questi sono fumetti che, nella loro spiazzante veridicità, vanno contro l’opinione comune, che impone di esser buoni, bravi, capaci, fedeli, leali, educati, cortesi, gentili… ma illusi.
Chi legge per la prima volta i fumetti di Maicol&Mirco, resta, inevitabilmente, disturbato. Prova lo stesso malessere viscerale di quando la mamma gli ha sgamato il primo pacchetto di sigarette, nascosto nel cassetto delle mutande da diciassettenne imberbe.
Poi, si diventa dipendenti. Delle sigarette, e soprattutto dei fumetti di Maicol&Mirco.
Ogni sketch de “Gli Scarabocchi animati” si conclude con un personaggio che si spara alla testa cubica. Spiega ironico Maicol: “La pistola è una bacchetta magica. E’ una finezza.” Come a dire: se a riesci a prender alla leggera anche questo, allora sì, sei intelligente e hai ragion di vivere.
I fumetti di Maicol&Mirco non sono, difatti, roba per tutti. Il pubblico di lettori si autoseleziona: non si può essere mentalmente instabili e veder rappresentata una instabilità mentale anche più grave della propria.
D’altro canto, gli Scarabocchi non si limitano a passare simbolicamente in rassegna una vasta serie di “crimini”. Maicol&Mirco, attraverso i loro personaggi, si permettono una critica tagliente e affilata di numerosi fenomeni sociali: dalla massificazione al conformismo, all’omosessualità, e ai divertimenti più triviali.
Critiche irriverenti, sardoniche, intelligenti, e soprattutto non banali, e mai palesi.
Il lettore è messo alla prova: è costretto a guardarsi dentro e poi a guardare fuori, per farsi consapevole di sè, e infine sorridere con rassegnazione, amarezza, e sincerità, e accettare di esser stati scoperti, come quando a diciott’anni, con la peluria finalmente accennata sul labbro superiore, si va dalla mamma ad ammettere che “sì, fumo”.
Questa incredibile capacità maieutica di Maicol&Mirco, deriva da una loro vasta cultura.
Per quanto riguarda la parte strettamente comica, s’ispirano ai noti antidoxastici Bill Hicks, Antonio Rezza, George Carlin. L’atteggiamento è quello sbeffeggiante dell’avanspettacolo, alla Petrolini. La forma laconica, essenziale, aforismaria delle battute è invece radicata nella grande Letteratura. Maicol ricorda Ungaretti, che con 5 brevissime strofe, senza alcun arzigogolio superfluo, rendeva in un attimo il senso intero ed infinito di una sensazione. Maicol cita, ancora, André Breton, che descrisse Frida Khalo con una sola intensa frase: “una bomba avvolta da nastri di seta”. Il nichilismo fustigante di Maicol&Mirco riecheggia, invece, quello nietzscheiano.
Maicol&Mirco non ci cullano in un bel mondo ideale, ma ce ne offrono uno che, per irriverenza, gareggia senza esclusione di colpi con quello reale. “Ammettiamolo pure: questi Scarabocchi sono la nostra vendetta verso questo mondo.”
(in foto: Maicol e Mirco visti da Maicol&Mirco, dalla loro pagina facebook “Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco”)