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di Camilla Domenella

Chi credeva che in biblioteca si andasse solo per prendere in prestito libri polverosi, noiosi e pesanti , chi credeva si andasse per studiare nel silenzio opprimente del quale godono i secchioni saccenti ben vestiti, chi credeva che la biblioteca fosse un luogo solenne quanto un tempio, e come tale accessibile solo a pochi intellettualoidi viziati iniziati, dovrà rivedere i suoi giudizi.
In biblioteca, si guardano film. In biblioteca, si conosce il Punk.

E’ la biblioteca Mozzi Borgetti che si apre all’anarchia filmografica del Punk. All’interno del progetto Lost in Library, si colloca infatti l’ottava edizione di Ascolti e Visioni, quest’anno completamente dedicata all’origine del Punk inglese e del Punk americano. Ascolti e Visioni è una rassegna di film e docu-film sulla musica, organizzata e promossa dall’associazione Kathodik.
La rassegna Ascolti e Visioni è nata dal fatto che parlare, far vedere, raccontare la Popular Music non era una pratica così diffusa, soprattutto dalle nostre parti, ma era, ed è tutt’ora, praticata quasi esclusivamente in maniera approfondita in massima parte a livello di piccole oasi costituite da sporadici corsi semestrali, in ancor più sporadiche Università italiane, e da amministrazioni illuminate nel Nord Italia.
Per un fortunato concorso di cose, l’associazione è riuscita a stabilire un rapporto “illuminato” con il Comune di Macerata, ed in particolare con la Biblioteca Comunale e la sua direttrice dottoressa Sfrappini; quindi, da quello, e da una prima fortunata edizione anni fa, quando ancora si chiamava solamente Ascolti, si è arrivati ad oggi, alla VIII edizione, con in mente per il futuro tanti altri progetti dedicati alla musica e al suo mondo.
” E’ quanto ci spiega il presidente dell’associazione Kathodik, Marco Paolucci.

Il primo appuntamento dell’edizione di quest’anno di Ascolti e Visioni, si è tenuto lo scorso venerdì 31 maggio, e ha visto protagonisti i Sex Pistols, col film di Julien Temple, “The filth and the fury”, titolo omonimo dell’album della band, uscito nel 2000.
L’opera di Temple è un documentario a tuttotondo sulla parabola, non solo artistica, della band più discussa degli anni ’70. Attraverso filmati inediti, interviste, incursioni nel backstage, notiziari dell’epoca, Temple (ri)compone la storia dei Sex Pistols a partire da un punto di vista inedito: quello dei membri stessi.
E’ la voce stessa di John “Rotten” Lydon a raccontare il perché – o meglio: il come – dei suoi testi; sono gli stessi Steve Jones e Paul Cook a testimoniare che la loro musica è caos e non di certo armonia; è lo stesso Glen Matlock che sentiamo parlare commentando la sua decisione di lasciare il gruppo, in seguito alla quale subentrerà nella band John Simon Ritchie, ovvero Sid Vicious.
Il documentario di Temple ci mostra, per esempio, un Sid Vicious inaspettato e mai visto. Sid non era un semplice fenomeno da baraccone, un bassista incapace chiamato lì solo per il suo look adeguato allo stile della band, nè può dirsi una vittima, se non nella misura in cui è stato lui ad essere il suo stesso carnefice. Vicious era in balìa degli eventi. Sid venne accusato della morte per accoltellamento della sua fidanzata Nancy Spungen, nell’ottobre del ’78.
Il film di Temple riesuma un’intervista a Vicious, subito dopo il processo: -“Dove vorresti essere adesso, Sid?” -“Sotto terra.” Morì, infatti, probabilmente suicida, pochi mesi dopo, nel febbraio 1979, per un’overdose di eroina.

Temple, con sano distacco e coerenza documentaristica, ci dimostra come i Sex Pistols non furono tanto il frutto dell’iniziativa del famoso manager Malcolm McLaren, come vuole la “leggenda”, quanto piuttosto il risultato dell’intelligenza incosciente di Lydon, Jones e Cook. Ciò che li muoveva era un alternativismo radicale, un’esigenza tanto ironica quanto distruttiva di opporsi a qualsiasi forma dello status quo, una risposta ferocemente nichilista al nichilismo opprimente e perbenista del Regno Unito che si preparava al tatcherismo.
I Sex Pistols rivoluzionano la musica, non facendo Musica, rivoluzionano la moda, opponendosi alla Moda: attaccano indifferentemente le autorità, le Istituzioni, la Regina, i benpensanti, i malpensanti, i pensanti-e-basta. Scandalizzare, provocare è il loro intento, al semplice fine di distruggere tutto quell’apparato di regole e sistemi che sopprime qualsiasi tentativo di essere se stessi, e basta. Per questo, lo stesso Rotten – soprannome che significa “marcio”, così definito per la sua dentatura non sana – non risparmia una critica ai suoi stessi fans, colpevoli, per Rotten, di aver imitato in tutto e per tutto i Sex Pistols, di averli resi mitici e perciò da idolatrare, senza preoccuparsi di trovare se stessi.
Punk è essere qualcuno senza bisogno di nessuno e di niente: nessuna regola, nessuna imposizione, nessuna intenzione. Johnny Rotten diede questa colorita definizione: “essere punk vuol dire essere un fottuto figlio di puttana, uno che ha fatto del marciapiede il suo regno, un figlio maledetto di una patria giubilata dalla vergogna della Monarchia, senza avvenire e con la voglia di rompere il muso al suo caritatevole prossimo.”
Ma Johnny Rotten non si rese conto, forse, della portata storico-culturale di quello che stava facendo.

Chi sa quel che fa è invece Marco Paolucci, al quale è stato chiesto il perché di un ciclo filmografico dedicato al Punk: perché oggi, e perché è importante.

“Ho scelto questo tema perché mi interessava far vedere, attraverso il documentario, le origini di un movimento che ha creato un big bang culturale in pochissimo tempo; a livello di immagine mediatica si è disintegrato poco dopo, ma ha rilasciato un’onda concettuale che continua a risuonare nelle orecchie di tantissima gente. Da quelle ceneri è nato il movimento delle autoproduzioni, dei centri sociali, è nato un modo diverso e dal basso di cercare di vivere la propria vita, chiaramente con immani difficoltà, ma reale ed autentica.”

I prossimi appuntamenti di Ascolti e Visioni saranno: venerdì 7 giugno, con “The future is unwritten”, ancora di Julien Temple; venerdì 21 giugno, con “Jubilee” di Derek Jarman; venerdì 28 giugno, con “Blank Generation” di Amos Poe. Tutti i film saranno proiettati nella Sala Castiglioni, della biblioteca Mozzi Borgetti, alle 21.30.
Ancora tre serate di punk in biblioteca.

(foto da capubianco.wordpress.com)