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bussola

di Manuel Caprari

Il bibliofilo, il lettore instancabile, il topo di biblioteca, ma anche il semplice curioso, conoscono benissimo quella sensazione di vertigine che si prova quando si entra in una libreria, in una biblioteca, in una fiera del libro. Quel piacevole senso di smarrimento di fronte a una mole di libri che ti porta a chiederti “ma come faccio a leggere tutto quello che vorrei, quando oltre a ciò che già conosco ci sono mondi inesplorati e altrettanto affascinanti?”. Semplicemente, bisogna prenderne atto: lasceremo questa terra avendo letto un’infinitesima parte di tutto ciò che avremmo voluto, per non parlare di tutto ciò che non sapevamo neanche di volere; questo però non intimorisce il divoratore di libri, così come la sconfinatezza dell’oceano non intimorisce il marinaio ma anzi lo chiama a sé come fa la calamita con il ferro.
Il lettore o è un esploratore, chiamato a crearsi un suo percorso individuale che si crea giorno dopo giorno, oppure è un ratificatore del già noto, uno che ha la sua lista di classici prefabbricata da seguire pedissequamente, fruitore ideale di tutte le liste di “libri che dovete assolutamente leggere prima di morire” e delle tendenze modaiole che lo costringono a leggere l’ultimo polpettone da spiaggia perché “l’hanno letto tutti e non si dica in giro che sono snob”; la lettura, tanto quanto la scrittura, è un atto creativo; e vorrei spingermi a dire che anche aggirarsi per scaffali o tra gli stand di una fiera dell’editoria, sfogliando, soppesando, guardando le copertine, lasciandosi colpire dall’efficacia di questo o quel titolo, è anche questo un atto creativo; i libri che incrociamo per la via e a cui dedichiamo appena uno sguardo incuriosito ci arricchiscono tanto quanto quelli che leggiamo dalla prima all’ultima parola; è importante calarsi nel flusso, sentirsi parte di ciò che accade; e a maggior ragione sarà importante avere la percezione di ciò che si muove nel contesto territoriale in cui si è calati e in cui si vive.

Ma di cosa parliamo quando parliamo di libri? Un automatismo di pensiero spesso fa associare la parola “libro” al concetto di romanzo. Già più raramente al saggio o alla poesia. Il libro fotografico o il libro d’arte sembra già un’altra cosa, qualcosa che nel concetto di “libro” ci rientra quasi abusivamente.
Il libro è un veicolo, di idee, di narrazione, di rielaborazione, più o meno fedele o più meno fantasiosa, del mondo; è un ricettacolo di svariate forme espressive: la prosa narrativa, la prosa saggistica, la scrittura in versi, le arti figurative, la fotografia. Ma il libro ha una sua valenza estetica in sé per sé: il formato, le dimensioni, la veste grafica, il peso, il profumo della carta, il piacere di sfogliarlo, possono farci affezionare o rifiutare un libro tanto quanto il suo contenuto. L’editore si fa carico di tramutare qualcosa di incorporeo come la creatività artistica in un oggetto concreto con cui il lettore possa venire in contatto. Ma una casa editrice non si limita certamente a questo: con le sue scelte editoriali compartecipa attivamente alla creazione di un campo di confronto dialogico e condiviso.

La realtà editoriale maceratese e, ampliando lo sguardo, quella marchigiana nel suo insieme, è ricchissima e vitale, e la fiera dell’editoria Marche Libri, ospitata all’interno di Macerata Racconta negli spazi dell’Ex Upim, ne è una testimonianza lampante; tanto che mi verrebbe da dire che se dovessi valutare lo stato di salute della realtà editoriale italiana a partire da qui, mi sentirei serenamente ottimista.
Le case editrici presenti alla fiera sono innumerevoli, ognuna con una sua fisionomia ben definita; su ognuna mi potrei dilungare piacevolmente per pagine e pagine, inorgogliendomi per il fermento intellettuale che innerva la nostra regione; ma lo spazio è tiranno, e non posso che dare dei veloci accenni alla varietà delle proposte.
Le Ossa editrice propone saggistica dedicata soprattutto alla storia dell’arte del ventesimo secolo, ma si occupa anche di servizi per l’editoria e organizza corsi di editing; la Quodlibet, oltre alla collana di narrativa contemporanea curata da Ermanno Cavazzoni, ha in catalogo veri e propri classici, scritti di Deleuze e Guattari, opere di Hugo Von Hoffmanstahl, giusto per fare qualche nome tra i tanti; Vydia editore, nata come casa editrice di libri d’arte, presenta le sue nuove collane dedicate alla poesia e alla narrativa; nello stand subito a fianco troviamo i saggi politici della Gwynplaine ; per non citare i vari stand dedicati al folclore e alla storia locali e regionali; e la narrativa di ambientazione marchigiana di Communication Project, che oltretutto con libri come Lavoricidi e Social Singles sta avviando un progetto di scrittura sociale, collettiva e condivisa che potrebbe essere una delle linee guida del futuro prossimo; la poesia ha un ruolo non di secondo piano, con Nostro Lunedi, Cattedrale, Pequod, la già citata Vydia; e ancora, la EUM, casa editrice dell’Università degli Studi di Macerata, la Ephemeria, che si divide tra narrativa, libri sul turismo e saggi dedicati alla danza; e molto altro.
Nel complesso, l’attenzione ai nuovi autori, marchigiani e no, procede di pari passo con un occhio al panorama nazionale e internazionale; la contemporaneità si sposa con la classicità, i vari generi di scrittura convivono tra loro e fianco a fianco con le altre forme artistiche.

Ecco, il lettore curioso entra piacevolmente smarrito, incontra suoi simili, s’intrattiene, scambia idee, gironzola, curiosa, s’aggiorna, si fa venire nuove curiosità come se non gli bastassero quelle che si era portato già da casa, respira l’aria fresca di una proposta culturale non omologata e non liofilizzata, esce piacevolmente frastornato, arricchito nello spirito, con qualche libro in più sottobraccio, che fatalmente si rivelerà essere un punto di partenza per nuovi inediti percorsi di scoperta e di lettura.